I cani sono predatori e il loro ruolo come ausiliari dell’uomo nella caccia è stato fondamentale nella nostra storia. La selezione di soggetti con un certo tipo di comportamento predatorio è stata messa in atto anche per creare alcune razze di cani guardiani di greggi e mandrie. L’istinto predatorio è quindi normale e alcuni aspetti sono stati ricercati e selezionati dall’uomo.
Tale atteggiamento può essere sollecitato nel cane soprattutto in presenza di soggetti/oggetti “in movimento”, che ‘ricordano’ prede, quali biciclette, motorini, gatti o bambini che corrono. Di solito, se il cane è abituato a questi stimoli, il problema non si pone, ma in alcuni animali l’istinto predatorio è così sviluppato da dar adito comunque ad atteggiamenti da “cacciatore o guardiano”. Il rischio è che si verifichino incidenti, poiché il cane può arrivare a spaventare o addirittura a mordere i polpacci dei ciclisti, dei bambini che giocano e così via o anche a ferire, se non uccidere, altri animali (gatti, pollame, ecc). Alla luce di quanto detto, è possibile intervenire preventivamente esponendo il cane, ancora cucciolo, in maniera appropriata e graduale agli stimoli che potenzialmente possono innescare la predazione; questo è senz’altro un aspetto cruciale nel processo di socializzazione del cane, tanto più se il soggetto risulta avere istintive e spiccate tendenze predatorie. Per questi animali, soprattutto se molto reattivi ed eccitabili, è inoltre indispensabile mettere in atto una contenzione adatta: il guinzaglio e la museruola nei luoghi affollati sono strumenti indispensabili e fortemente consigliati in casi particolarmente difficili e rischiosi: bisogna tener bene a mente che i cani, specialmente di grossa taglia, sono fisicamente più forti di noi ed è fondamentale, per una buona ed equilibrata convivenza con l'uomo e le altre specie, che certi soggetti siano fortemente condizionati ai comandi verbali, oltre ad essere “contenuti”in luoghi pubblici da opportuni mezzi.
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Torneremo lunedì prossimo con un nuovo argomento.
A cura di Silvana Cavaglià e della Clinica Borgarello
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