Cerchiamo di capire quale sia la più grande minaccia per i piccoli volatili che popolano i nostri cieli.
Mentre l'attenzione pubblica si è concentrata sulle turbine eoliche come una minaccia per gli uccelli, un nuovo studio mostra che una minaccia molto maggiore può essere rappresentato da un antagonista più familiare: il gatto domestico. Una ricerca del Journal of Ornithology sulla mortalità degli uccelli ha individuato nel gatto il nemico numero 1, il più temuto in assoluto nella periferia di Washington.
Secondo i ricercatori della Smithsonian Institution e Towson University nel Maryland quasi l'80 per cento degli uccelli vengono uccisi dai predatori, e i gatti ne sono responsabili del 47 per cento. I tassi di mortalità sono stati particolarmente elevati nei quartieri più popolati da gatti selvatici e non. E' il primo studio scientifico che calcola la percentuale di uccelli morti durante la fase "infantile", perchè più vulnerabili. La predazione in alcune zone è così grave che gli uccelli non riescono nemmeno a sostiture le vecchie generazioni, perchè uccisi in tenera età. "I gatti sono una vera e propria minaccia, sono una razza formidabile quando si tratta di cacciare le specie native", così argomenta uno degli autori dello studio Pietro Marra.
L'American Bird Conservancy stima che fino a 500 milioni di uccelli vengono uccisi ,ogni anno, dai gatti (circa la metà domestici e per metà da felini selvatici). Il problema, perciò, non dev'essere sottovalutato ma affrontarto in tempi brevi.
Al contrario, 440.000 uccelli vengono uccisi da turbine eoliche, secondo le States Fish and
Wildlife Service, anche se questa cifra è destinata a superare il milione entro il 2030 perchè il numero di centrali eoliche cresce vertiginosamente per soddisfare l'aumento della domanda.
L'American Bird Conservancy generalmente sostiene lo sviluppo dell'energia eolica, ma crede che le centrali dovrebbero essere "uccello intelligente" ,per esempio, posizionate in modo da non interferire con i percorsi di migrazione o i luoghi di riproduzione ed evitare le collisioni.
Tratto da La Stampa
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