La “casa” ha a volte un richiamo più forte che l’attaccamento alla vita, il rifugio di tutti i giorni non può essere lasciato è un ancora che ci lega al nostro futuro.
Le eliche del rimorchiatore girano forte mentre si allontana dalla Jolly Amaranto. La nave è ferita e appoggiata su un fianco all’ingresso del porto di Alessandria d’Egitto. Athos, cane d’altura, è col resto dell’equipaggio, in salvo, verso la banchina. Pietro, marinaio semplice da Porto Empedocle (Agrigento), gli è vicino, gli carezza la testa. Poi il tuffo. Athos è in acqua, annaspa, Pietro gli va dietro per salvarlo, ma i suoi colleghi lo issano di nuovo a bordo, mentre il cane sparisce nelle acque scure nella speranza di ritornare verso quella che per anni è stata la sua “casa”.
Le eliche del rimorchiatore girano forte mentre si allontana dalla Jolly Amaranto. La nave è ferita e appoggiata su un fianco all’ingresso del porto di Alessandria d’Egitto. Athos, cane d’altura, è col resto dell’equipaggio, in salvo, verso la banchina. Pietro, marinaio semplice da Porto Empedocle (Agrigento), gli è vicino, gli carezza la testa. Poi il tuffo. Athos è in acqua, annaspa, Pietro gli va dietro per salvarlo, ma i suoi colleghi lo issano di nuovo a bordo, mentre il cane sparisce nelle acque scure.
Nell’odissea della Jolly Amaranto oggi è il giorno degli occhi lucidi e del nodo in gola. Costretti ad abbandonare il mercantile quando ormai la meta sembrava raggiunta: il morale sotto i piedi, l’amaro in bocca della sconfitta. E oggi è anche il giorno in cui Athos, la mascotte di bordo, non c'è più.
Nella notte più lunga, quando il mare forza dieci sbandava la nave in avaria, facendola inclinare di quaranta gradi, Athos era con l’equipaggio sul ponte di comando. Accoccolato ai piedi dei suoi amici, vicino ai salvagente arancioni, era il loro collante affettivo. Ed era con loro in coperta, lo sguardo fiero di chi è sopravvissuto ad un evento eccezionale, proprio come uno dei moschettieri, in quello spirito da «tutti per uno, uno per tutti» che si crea nelle situazioni di emergenza, mentre il rimorchiatore Simoon trainava la Jolly Amaranto, la sua nave, per 90 chilometri di mare, verso la salvezza.
Amico di tutti gli equipaggi, col carattere mite caratteristico del pastore corso, era salito a bordo da cucciolo e nei suoi sette anni di vita, di rado era sceso in porto.
La sua cuccia era sul ponte, ma lui, tra tutti i locali amava quello caldo della sala macchine. Quella nave con la stella bianca sulla ciminiera era il suo universo, e quando stanotte l'ha vista allontanarsi si è tuffato per raggiungerla, senza esitare un momento.
Pietro nonostante la stanchezza ed il freddo, non ha perso tempo: tra le urla sgomente dei suoi compagni stremati, gli è stato dietro. Ma Athos, il cane d’altura, il più grosso per mole di tutta la flotta della «Ignazio Messina», era ormai scomparso, inghiottito dal buio, diventando leggenda.
Nell’odissea della Jolly Amaranto oggi è il giorno degli occhi lucidi e del nodo in gola. Costretti ad abbandonare il mercantile quando ormai la meta sembrava raggiunta: il morale sotto i piedi, l’amaro in bocca della sconfitta. E oggi è anche il giorno in cui Athos, la mascotte di bordo, non c'è più.
Nella notte più lunga, quando il mare forza dieci sbandava la nave in avaria, facendola inclinare di quaranta gradi, Athos era con l’equipaggio sul ponte di comando. Accoccolato ai piedi dei suoi amici, vicino ai salvagente arancioni, era il loro collante affettivo. Ed era con loro in coperta, lo sguardo fiero di chi è sopravvissuto ad un evento eccezionale, proprio come uno dei moschettieri, in quello spirito da «tutti per uno, uno per tutti» che si crea nelle situazioni di emergenza, mentre il rimorchiatore Simoon trainava la Jolly Amaranto, la sua nave, per 90 chilometri di mare, verso la salvezza.
Amico di tutti gli equipaggi, col carattere mite caratteristico del pastore corso, era salito a bordo da cucciolo e nei suoi sette anni di vita, di rado era sceso in porto.
La sua cuccia era sul ponte, ma lui, tra tutti i locali amava quello caldo della sala macchine. Quella nave con la stella bianca sulla ciminiera era il suo universo, e quando stanotte l'ha vista allontanarsi si è tuffato per raggiungerla, senza esitare un momento.
Pietro nonostante la stanchezza ed il freddo, non ha perso tempo: tra le urla sgomente dei suoi compagni stremati, gli è stato dietro. Ma Athos, il cane d’altura, il più grosso per mole di tutta la flotta della «Ignazio Messina», era ormai scomparso, inghiottito dal buio, diventando leggenda.
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